In particolare, in questi giorni in cui mi dedico alla lettura de La Civiltà Cattolica (per ragioni di tesi), mi sono imbattuto in vivacissimi articoli intorno alla salvaguardia delle festività cristiane, campagne per l'abolizione del duello, cronache di improbabili avventure coloniali del volenteroso Regno d'Italia, aneddoti piccanti sulla vita nelle corti regnanti di tutta Europa e, soprattutto, rivolte, sommosse, omicidi anarchici, scioperi selvaggi repressi nel sangue, manifestazioni per pane elavoro represse nel sangue, dreyfusisti contro antidreyfusisti e altro ancora...
In questa situazione di totale subuglio, mi sono saltati particolarmente agli occhi i riferimenti ad alcune rivolte di studenti universitari in alcune città italiane, vista la situazione attuale delle cose.
Per questo, mi sembrava interessante sottoporre a voi, giovani e facinorosi studenti del duemilaotto, alcuni aneddoti di vita studentesca nel milleottocentonovantanove, così come appaiono dalle parole de La Civiltà Cattolica (è bene ricordarlo, periodico dei gesuiti, quindi di parte, quindi molto vicino all'opinione ufficiale del Vaticano).
Febbraio 1899
La studentesca italiana, com'è il solito di quasi tutti gli anni, è tornata a tumultuare; e non per iscopi nobili e patriottici (benchè anche per ciò i tumulti sono riprovevoli) ma per fini bassi e meschini; ciò è per non aver ottenuto una sessione di esami pel prossimo marzo. Il 17 gennaio, gli studenti dell'università di Palermo, non vedendo venire alcuna risposa dal ministero, anzi, udita la risposta negativa dal Rettore dell'università, abbandonarono, subito i corsi, riversandosi quindi nell'atrio dove cominciarono un vero tumulto con grida, schiamazzi, urli e fischi che parevano il finimondo. Tutti i vetri dell'aula al pianterreno furono infranti tra rumori assordanti. Non furono risparmiati neppure i fanali dell'atrio né le finestre del primo e secondo piano, contro cui fu lanciata una vera pioggia di sassi. Gli studenti fracassarono tutte le tabelle di legno dove vengono pubblicati gli avvisi, e ne fecero una catasta, tentando d'incendiarla per mezzo di giornali. Ruppero gli attaccapanni, alcuni banchi e qualche tavolino. Finalmente riversaronsi contro il casotto del portinaio, devastandolo compiutamente. Di tutti i vetri dell'atrio non ne restò uno intatto; ogni cosa venne furiosamente distrutta; ed anche il selciato dell'atrio fu in parte divelto. Il giorno appresso si commisero nuovi vandalismi, con isfasciamento de'mobili delle aule e con spari di petardi. Il giorno 19, non essendovi altro da rompere, con pezzi di carbone inbrattarono tutte le pareti dell'atrio con iscrizioni oscene e pornografiche. La contagione si estese anche a Napoli, dove gli studenti di quell'università imitaronole prodezze plebee di quelli di Palermo, quanto al vandalismo, gridando: Vogliamo la sessione di marzo! - Osserva bene un pubblicista: Se gl'incendiari de' casotti daziarii del passato anno furono puniti con lo stato d'assedio e con le prigioni, perchè lasciare impuniti gli studenti che devastano quello del portinaio dell'università? Almeno quelli lo facevano per fame. Ma il ministro Baccelli con lode ha fatto il suo dovere, mandando a Palermo questi ordini telegrafici al Rettore dell'università: "Approvo la chiusura temporanea di cotesta università decretata da da lei e dal Consiglio accademico. Avverta con un pubblico avviso che gli studenti hanno perduto la sessione estiva degli esami.Scriva una circolare ai padri di famiglia, avvisandoli, che, se ad università riaperta, quando ella crederà opportuno riaprirla, si rinnoveranno i disordini, l'intero anno accademico sarà irrevocabilmente perduto. Nella stessa circolare faccia sapere che, periziati i danni, si troverà modo di farli ripagare all'erario dagli autori o da chi è legalmente responsabile per essi." Ottime cose, se si manderanno ad effetto.
Aprile 1899
Il chiasso che di tanto in tanto fanno gli studenti d'università in Italia è divenuto, oltrechè un'inddecenza, una vera piaga. I fogli di questo mese ne sono pieni. Si riominciò (diciamo così, poiché non è molto, dovemmo narrare altri tumulti), si ricominciò dunque a Torino, ove in quell'università si fischiò un professore, perchè gli scolari lo credettero inetto all'insegnamento. Dai fischi si passò ad una serie di tumulti e scioperi e si finì con processi in tribunale. Poco dopo ecco nuovi ammutinamenti a Napoli e da Napoli un po' da per tutto. Il caso, che destò la scintilla a Napoli, fu questo. Un tale Straticò, maniscalco, senza avere titoli regolari per essere ammesso alla scuola veterinaria, inviò una domanda al ministro Baccelli, supplicandolo di ammetterlo ai corsi e promettendo di regolare subito la sua entrata. L'onorevole Baccelli, fece buon viso alla domanda; ma contro la deliberazione del ministro si ribellò il direttore della scuola veterinaria, professor Paladino, il quale, stando alla dichiarazione fatta alla Camera dall'onorevole Baccelli, avrebbe per giunta incitato gli studenti ai tumulti. Di qui un'agitazione fra gli studenti veterinari, la quale a mano a mano siè allargata assai. Perchè con gli studenti veterinari hanno fatto causa comune tutti gli studenti universitari. Quelli che erano ancora tra coloro che sono sospesi per la sessione di luglio, che vedevano di mal occhio l'energia ostentata dall'onorevole Baccelli, e che avevano sempre desiderio di fare un po'di chiasso, stabilirono, l'8 marzo, di andare a gridare e tempestare lungi dalla terra, in mare; quindi al porto di Santa Lucia in una cinquantina di barche presero il largo; ma sbarcati che furono e continuando la grida, trovaronoo la forza che mise loro un po' di senno in capo.
Maggio 1899
Molti studenti delle università di Padova, Ferrara e Bologna erano state invitati alle feste di Venezia per l amostra internazionale, di cui già parlammo. Ora costoro, ben lungi dal recarvi la nota della cortesia, della gaiezza, della urbanità e del civil costume, come coloro che nell'educazione sono al più alto gradino, vi recarono l'ubbriachezza, la sconcezza, i motti antireligiosi, la prepotenza e gli atti più osceni. È un bel frutto della scuola, donde gli sbandì la religione, e quindi il fatto è degno di essere narrato. Prendono d'assalto i carrozzoni della ferrovia, l'imbrattano dentro e fuori di figre oscene, entrano in Venezia come in una città di conquista, invadono caffè e bettole, s'ubbriacano, rompono i bicchieri, si danno agli atti più sconci, non risparmiando donne e fanciulle. Fu una vera invasione di barbari.